
Stefania Puglisi
Psicologo-psicoterapeuta e Mediatore Familiare, Genova
> puglisistefania-psicologo-genova.com
Inserirsi in una nuova realtà, ma anche sentirsi parte di un gruppo: è difficile essere sereni quando ci si sente sotto la lente d’ingrandimento o si è messi perennemente sotto accusa, svalutati nelle proprie competenze o nel modo di essere. Comprendere i meccanismi che animano queste dinamiche è il primo passo per ritrovare consapevolezza e fiducia e uscire da questi circoli viziosi.
Essere screditati
Squalificati, svalutati in casa e/o sul luogo di lavoro può essere una realtà che in certe famiglie rende la convivenza pesante e lascia disarmati. Come faccio ad aiutare il marito o la moglie o il figlio che vive questa drammatica realtà quotidiana? Ci sono molti aspetti da considerare: l’età, la maturazione psicologica, l’anzianità lavorativa, il contesto e le relazioni che si vivono fra tutti i membri. Ecco d ue storie in cui molti di noi potrebbero trovare analogie con una situazione che stanno vivendo. Una sorta di “nonnismo” tra le scrivanie dell’ufficio
Al lavoro una signora che si era appena introdotta in quella nuova realtà ha trovato ad attenderla un gruppo di donne anziane di servizio che avevano deciso di sottometterla praticando una sorta di “nonnismo” come accade tra i militari. Così l’ultima arrivata si trovava a ricoprire i turni che le altre avevano scartato, lavorava di più perché era lasciata da sola, mentre le altre erano in coppia. Si trovava sempre sola ai pasti, emarginata dai discorsi, limitata negli spazi comuni, con la dirigente non a favore in quanto le colleghe continuavano, tutte, a screditarla, parlando male del suo modo di lavorare e di lei come persona. A ogni situazione nuova c’era sempre una scusa per aggredirla e denigrarla. Se la rabbia cede il passo alla rassegnazione
Dopo un iniziale momento di ribellione, notando l’insuccesso, la signora ha mostrato una remissione e un’assenza di risposta che ha fatto nascere nel contesto di lavoro una connotazione di lei come menefreghista solitaria. Alla signora sembrava di impazzire, in qualsiasi modo si comportasse era sempre un insuccesso e pareva non esserci via d’uscita. Si descriveva in un tunnel nero senza luce in fondo. L’occasione di rimettersi in gioco, soprattutto con se stessa
Dopo alcuni colloqui, molti anche in presenza del marito, la signora ha trovato il modo di esistere all’interno della struttura in cui lavorava, usando un nuovo inserimento lavorativo di cui era tutor e la definizione che la nuova ragazza dava di lei alla coordinatrice. Il fatto di essere un aiuto per una sconosciuta, appena arrivata, le ha dato la possibilità di sperimentarsi e apprezzare le sue qualità lavorative oltre che personali, e le ha permesso di crearsi un’amicizia che le consentiva di non essere screditata da tutti. Non più sola, piano piano ha trovato delle strategie per crearsi un ambiente più piacevole e sereno. La conversazione con le colleghe avveniva in luoghi aperti, gli spazi comuni sono stati riadattati dalla coordinatrice su sua richiesta, ha cominciato a portare le cialde del caffè, che le colleghe dovevano chiederle, ha contribuito a portare qualche pezzo di focaccia per colazione, ha iniziato a sentirsi attiva e membro di una collettività cambiando così la sua visione personale. Ha cominciato a vivere le sue giornate compilando una scheda con le attività lavorative, i tempi di svolgimento, le interazioni positive e a casa ha notato che si sentiva più disponibile col marito, era più rilassata e propositiva nelle uscite e nelle frequentazioni amicali. Ha ritrovato energia e voglia di diventare madre. Il suo rapporto col marito è diventato una risorsa e non un patimento a causa delle sue difficoltà lavorative, che la spegnevano nelle decisioni e in ogni attività proposta. Lo stato depressivo ha lasciato il posto a una rinascita che li ha portati a diventare in poco tempo genitori.
E se capita a scuola?
Una storia di svalutazione importante l’ha vissuta una ragazza che mi ha raccontato delle pesanti descrizioni che riceveva da un gruppetto di coetanee di una classe superiore. Le ragazze la giudicavano, la schernivano per l’abbigliamento, il comportamento, il colore dei capelli e per ogni cosa dicesse. La giovane si è talmente sentita inadeguata da non volere più entrare in classe, saltando così mesi di scuola e rischiando la bocciatura. Dopo alcune sedute, ha iniziato a considerare se stessa come agente attivo e membro di una collettività. Analizzando il contesto ha imparato a usare le conoscenze e le situazioni che la potevamo mettere in sicurezza e si è adoperata per usare gli strumenti che aveva per difendersi. Ha iniziato ad affrontare gli altri con determinazione ben sapendo di non essere mai sola e di poter contare su tutte le risorse di aiuto presenti: le compagne di classe, gli insegnanti, le bidelle, il fidanzato, i genitori, il preside, me, ovvero la psicologa. La ragazza è riuscita a svincolarsi dalla definizione di inadeguata soprattutto quando lo ha permesso a se stessa. Conoscendo e apprezzando le sue qualità ha impedito alle bulle di farsi sopraffare ripristinando una distanza che le ha consentito di sopravvivere in quel contesto oramai insano.