Lavorare al computer, leggere, fare una telefonata. Prendersi cura di se stessi e della casa. Andare a fare la spesa e attraversare la strada. Azioni quotidiane che possono diventare sempre più difficili, quando non impossibili, per chi soffre di ipovisione, di un deficit visivo che non permette di svolgere le proprie attività sociali e lavorative.
A soffrirne sono soprattutto gli anziani: per questo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha inserito la riabilitazione visiva tra i pilastri dei servizi sanitari oftalmologici. Mezzi di ingrandimento, ausili elettronici, esercizi personalizzati: così si può imparare a sfruttare al meglio le zone retiniche ancora funzionanti migliorando la qualità di vita
Prevenzione, diagnosi e cure migliori hanno rivoluzionato l’oftalmologia, riducendo i casi di cecità assoluta, soprattutto in Occidente. Basti pensare alla cataratta, un tempo causa di cecità, che oggi si risolve con un intervento in day hospital. Ma l’aumento dell’aspettativa di vita sta determinando la crescita degli ipovedenti, un milione e mezzo solo in Italia. Da qui l’importanza della riabilitazione visiva, uno dei temi della Giornata mondiale della vista.
Quali sono le malattie oculari più frequenti?
Nei paesi occidentali quelle legate all’invecchiamento, la cui incidenza aumenta con l’età. La degenerazione della macula, la parte della retina che garantisce la visione fine e distinta. La retinopatia diabetica, una complicanza di una malattia definita “epidemica” per il suo aumento e, infatti, sempre più frequente anche in età meno avanzata. E poi la miopia elevata, il distacco della retina e il glaucoma, una malattia silente che porta alla distruzione del nervo ottico. Ci sono poi condizioni meno frequenti, ma molto invalidanti di natura genetica.
Quali caratteristiche ha la riduzione della visione?
La riduzione della visione centrale compromette la capacità di mettere a fuoco e di riconoscere i particolari. È la visione maculare, quella necessaria per fissare un oggetto, indispensabile per leggere, cucire e riconoscere i volti. Quando questo tipo di visione è compromessa, la capacità di muoversi nello spazio è abbastanza conservata. Questo non avviene se il deficit riguarda il campo visivo, intaccando la visione periferica. Allora la visione è meno distinta e si perdono il controllo dello spazio e l’orientamento. Inciampare è l’esempio più banale, si pensi alla difficoltà di attraversare una strada. Esistono poi forme miste di riduzione della visione.
Qual è il ruolo della riabilitazione visiva?
Si tratta di un insieme di pratiche, diverse a seconda della persona e dello stadio della malattia, volte a potenziare al massimo il residuo funzionale visivo. Si cerca di stimolare la visione con ausili ottici ed esercizi appositi.
Come si svolge?
Dipende dal tipo di intervento. Per migliorare le capacità di lettura, si lavora con mezzi ottici, ausili elettronici di ingrandimento ed esercizi specifici che abituano il soggetto a sfruttare la parte della retina più efficiente, che il cervello non individua subito.
Quanto è importante l’impegno del soggetto?
È fondamentale. Rispetto alla diagnosi e alla terapia, guidati dal medico, nella riabilitazione il protagonista è il paziente, che deve essere motivato a imparare e a sfruttare il più possibile gli strumenti proposti, mettendosi alla prova con un follow-up costante.
Quali sono i benefici?
Non bisogna aspettarsi miracoli: se si ha una perdita visiva del 40-60% non si tornerà alla piena visione, ma di sicuro vi saranno miglioramenti apprezzabili. Ci si propone di sfruttare al massimo la visione residua condividendo gli obiettivi della persona, che magari preferisce concentrarsi sul recupero della capacità di orientarsi nello spazio con precisione per cucinare.
Come è inquadrata a livello normativo?
La legge 284/1997 ha posto l’Italia tra i paesi più avanzati poiché prevedeva la creazione di centri di riabilitazione su tutto il territorio con lo stanziamento di fondi ad hoc. Purtroppo è stata disattesa da molte regioni per cui c’è una difformità nella disponibilità dei trattamenti. Le regioni più virtuose sono al Nord: la Liguria con una struttura all’avanguardia come il Chiossone a Genova, Lombardia, Veneto, Toscana, Emilia Romagna. Da segnalare il Polo Nazionale di Riabilitazione Visiva a Roma dove si sperimentano nuove metodiche e si coordinano gli altri centri nazionali con un progetto di messa in rete di strumenti e cartelle.
Quanto è diffusa?
Nel sistema sanitario, mentre la riabilitazione motoria è stata accolta e sviluppata, quella visiva è ancora rimasta in disparte. Da qui l’impegno della IAPB Italia onlus per potenziarla, che ha già dato ottimi risultati con l’inserimento di alcune prestazioni nei LEA (Livelli Essenziali d’Assistenza, ndr). Nel privato, si è diffusa nell’ultimo decennio, rivolta agli adulti. Quella sui bambini è sempre integrata in un approccio multidisciplinare perché di norma la condizione visiva è accompagnata da altri deficit.
Intervista a Filippo Cruciani • Già Docente di Oftalmologia presso l’Università Sapienza, Roma • Coordinatore scientifico del Polo Nazionale di Servizi e Ricerca per la Prevenzione della Cecità e la Riabilitazione visiva degli ipovedenti presso il Policlinico A. Gemelli, Roma di Luisa Castellini