Cronica e imprevedibile.
Sono oltre due milioni e mezzo le persone con Sclerosi Multipla nel mondo, oltre 100mila in Italia, dove si effettua una nuova diagnosi ogni 3 ore. A riceverla, nella maggior parte dei casi, è una persona giovane, tra i 20 e i 30 anni. Dalla prima terapia nel 1996 a oggi, le prospettive dei pazienti sono cambiate radicalmente grazie ai farmaci capaci di combattere l’infiammazione alla base della malattia e di rallentarne l’ingresso nella fase progressiva, la più grave, sulla quale si stanno oggi indirizzando gli sforzi della ricerca
Intervista a Gianluigi Mancardi • Direttore della Clinica Neurologica dell’Università di Genova • Presidente della Sin, Società Italiana di Neurologia > sin.it di Luisa Castellini
Come si caratterizza l’esordio della Sclerosi Multipla (SM)?
Si tratta di una malattia autoimmune del sistema nervoso che normalmente si manifesta intorno ai 25-30 anni, anche se non mancano casi più precoci o tardivi. Nei primi 10-15 anni si caratterizza per ricadute e remissioni: i pazienti hanno dei disturbi che compaiono e poi tendono a regredire, anche spontaneamente.
Come è l’andamento della malattia nella sua fase iniziale?
Le ricadute possono avere una frequenza diversa: una l’anno, una ogni 2 o 3-4 anni e colpire tutti i sistemi. Quello motorio con disturbi della motilità o il sistema sensitivo con diminuzione della sensibilità in una parte del corpo o, ancora, disturbi sensoriali di tipo visivo. In genere questi primi attacchi regrediscono abbastanza bene, mentre i successivi tendono a lasciare degli esiti. Questa è la cosiddetta fase a cadute e remissioni, che si caratterizza per l’infiammazione che dalla periferia colpisce il sistema nervoso centrale.
Come evolve in seguito la SM?
Dopo 10-15 anni la malattia cambia e diventa progressiva. Diminuisce l’infiammazione e il paziente ha di norma un deficit di forze agli arti inferiori che via via peggiora. In questa fase i danni sono diversi, prevalentemente di tipo degenerativo. I neuroni, gli assoni, il sistema nervoso colpito dall’infiammazione tende a peggiorare anche attraverso vie che non conosciamo pienamente. Questa è la fase in cui le cure hanno un’efficacia più limitata. Abbiamo a disposizione terapie sintomatiche e la riabilitazione, importantissime, ma le cure che incidono sulla disabilità sono inefficaci.
Quando avviene la diagnosi?
Nella maggior parte dei casi è tempestiva grazie alla valutazione clinica e a indagini come la risonanza magnetica e l’esame del liquor.
Quali sono le cure oggi disponibili?
Abbiamo una buona finestra terapeutica nei primi anni della malattia: intervenendo subito si può spegnere l’infiammazione e ritardare l’ingresso nella forma progressiva, la più grave. Alle terapie tradizionali di prima linea messe a punto negli ultimi vent’anni, si sono aggiunti molti altri farmaci efficaci come il fingolimod, il natalizumab, l’alemtuzumab, che presentano però anche problemi di effetti collaterali e di sicurezza. La ricerca sulla forma progressiva è soprattutto di base: bisogna capire perché l’assone denudato degenera. Solo capendo il meccanismo di base si potrà un domani lavorare per bloccare il processo.
Quali sono i nuovi farmaci disponibili per la forma progressiva?
Altre nuove cure, come il daclizumab, che ha meccanismi di azione innovativi, o la terapia mirata a colpire i linfociti B nelle fasi iniziali della fase progressiva come l’ocrelizumab, o la terapia immunosoppressiva ad ampio spettro già usata nelle malattie ematologiche come la cladribina saranno presto a disposizione. L’ocrelizumab in particolare è già all’attenzione dell’EMA, l’Agenzia europea per i medicinali. Anche la fase progressiva, specie se accompagnata da attività alla Risonanza Magnetica o da ricadute, sembra avere quindi una finestra terapeutica.
Quali studi state seguendo a Genova?
Abbiamo numerosi trial in corso, accademici e con l’industria: negli ultimi anni tutti i farmaci approvati provenivano proprio dal mondo farmaceutico, dove l’interesse per una malattia frequente come la SM è alto. A Genova lavoriamo da vent’anni sul trapianto autologo, sulla scia degli studi del professor Marmont, grande ematologo, con una procedura simile a quella che si usa nei linfomi e nelle leucemie, per le forme più gravi di SM che sono circa il 5%. Entro un anno, inoltre, si concluderà un trial sulle cellule mesenchimali per verificare se possono avere un effetto sull’infiammazione o meno.