Dai vegetariani, che nella maggior parte dei casi non si negano uova e latticini ai vegani, che escludono ogni forma di alimento di derivazione animale, sono sempre più numerosi, circa l’8%, gli italiani che per motivi etici o di salute scelgono di cambiare abitudini a tavola.
Dai vantaggi sotto il profilo metabolico alle possibili carenze, quali sono le principali raccomandazioni? L’attenzione nella selezione e nella combinazione degli alimenti, alla loro preparazione per tutelarne la bio-disponibilità, all’assorbimento e alla digeribilità è indispensabile per seguire una dieta bilanciata, che dovrebbe essere sempre calibrata insieme a un nutrizionista
Intervista a Sabina Sieri
• Biologa Specialista in Scienza dell’Alimentazione
• Senior Researcher presso l’Unità Epidemiologia e Prevenzione, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori, Milano
• SINU, Società Italiana di Nutrizione Umana > sinu.it di Luisa Castellini
Quali differenze ha evidenziato la letteratura tra dieta onnivora, vegetariana e vegana?
Molti studi hanno confrontato il profilo metabolico della dieta latto-ovo vegetariana e onnivora considerando parametri quali l’indice di massa corporea (BMI), i livelli di colesterolo totale, LDL e HDL, di trigliceridi e glicemia. Da una recente revisione di questi studi, si evince che i vegetariani con una dieta equilibrata sono più snelli, hanno meno colesterolo LDL (quello “cattivo”) e più di HDL (quello “buono”) e valori minori di glicemia e trigliceridi. Anche sui vegani, sui quali ci sono meno dati, abbiamo indicazioni di minore peso corporeo e glicemia e colesterolo più bassi.
Dove si concentra la ricerca?
Tra gli studi europei, il più importante in Inghilterra è lo studio Epic-Oxford, che coinvolge oltre 65mila persone. Altri studi sono stati condotti negli Usa ma su gruppi di popolazione particolari come i fedeli della Chiesa Avventista del VII giorno. Persone che oltre a seguire un’alimentazione vegetariana si astengono anche da fumo e alcol. Disponiamo di circa 7-10 studi di coorte sui vegetariani e di 3 sui vegani. Nell’ambito delle attività di ricerca della Sinu, la Società Italiana di Nutrizione Umana, dopo aver studiato le raccomandazioni sullo stato nutrizionale nelle diverse fasi della vita e la biodisponibilità dei nutrienti più critici, stiamo valutando lo stato di salute cardio-metabolico.
Quali sono i risultati su gravidanza e bambini?
La maggior parte delle ricerche è svolta su adulti. Non esistono ancora studi a lungo termine sugli effetti di una dieta vegetale fin dalla nascita per verificare se in prospettiva siano migliori. I dati sono ancora troppo pochi, in particolare fino ai 5 anni. In linea di massima, se la dieta è corretta, non ci sono indicazioni avverse in gravidanza e le mamme hanno una tendenza significativa a prolungare l’allattamento. Essere seguiti da un nutrizionista è però indispensabile: a Milano sono attivi alcuni ambulatori per bambini. Al giro di boa dell’anno spesso è necessario far assumere ai piccoli integrazioni di vitamina B12 e omega 3.
Quali sono i cardini di una dieta bilanciata?
L’abbinamento tra gli alimenti è importante, come assicurarne la biodisponibilità e l’assorbimento dei nutrienti. Per quanto riguarda le proteine, che spesso a torto si ritiene manchino nelle diete a base vegetale, bisogna scegliere le giuste combinazioni di cereali e legumi. L’assorbimento dei minerali è minore e ostacolato dalla presenza di acido fitico, per questo raccomandiamo l’ammollo che ne diminuisce la concentrazione. Lo stesso per lo zinco e il ferro: macinare, ammollare, far germinare deve essere una pratica quotidiana. Per il ferro è utile anche la lievitazione acida del pane, sempre per diminuire l’acido fitico (che ne ostacola l’assorbimento) e consumare alimenti fortificati. Più della metà del ferro, nel modello alimentare italiano, proviene da cereali, verdure, frutta, patate e tuberi, ma la sua biodisponibilità è più bassa per cui bisogna comunque aumentarne l’introito dell’80% insieme alla vitamina C.
Quali sono le raccomandazioni per calcio e vitamina D?
Alcune verdure, legumi, frutta secca e semi contengono buone quantità di calcio. La sua biodisponibilità è inversamente proporzionale al contenuto di ossalati e fitati per cui è meglio preferire i vegetali a foglia (eccetto spinaci, bieta e foglie di rapa), alimenti a base di soia, bevande vegetali addizionate o certi tipi di frutta secca e semi. A rischio carenza sono più i vegani. Per tutti, la vitamina D va integrata se ci sono indizi di bassa sintesi endogena.
Vitamina B12 e omega 3 devono essere spesso assunti sotto forma di integratori, perché?
La prima si trova in carne, pesce e latticini e in natura è sintetizzata solo da microrganismi come le alghe quindi non c’è un vegetale che la contenga. Vengono in soccorso gli alimenti fortificati, gli integratori in forma cristallina di derivazione batterica (da 1 a 4 volte al dì) e la prevenzione: dovrebbe essere abituale monitorarne i livelli, anche per i vegetariani perché il corpo ne fa scorta e quindi le carenze si evidenziano a 2-3 anni dal cambio di dieta. Sugli omega 3 la situazione va ancora indagata ma se ne può migliorare l’assunzione con noci, semi di lino e chia e alghe e riducendo gli oli di mais, girasole e frutta oleosa.