Fiato corto, stanchezza, gonfiore alle caviglie e alle gambe: sono questi i sintomi più noti di un disturbo di cui soffrono in tanti, ma al quale rispondono diversi tipi di terapie, dai “classici” betabloccanti agli Arni fino ai dispositivi sottopelle e agli interventi mini-invasivi.
E’ un disturbo molto fastidioso, di cui soffrono milioni di persone in tutto il mondo. Quando si verifica, il cuore non svolge più correttamente il proprio compito di pompa sanguigna e rallenta la corsa del sangue facendo sì che altri liquidi finiscano nei tessuti. Ciò accade soprattutto nel cuore e nei polmoni: se si riempiono di liquido, causano difficoltà di respiro, stanchezza ed edema polmonare.
I SINTOMI
È importantissimo riconoscere i sintomi di uno scompenso cardiaco così da poterlo curare per tempo. Un cuore scompensato si presenta con respiro corto, caviglie e gambe gonfie, con spossatezza, battiti irregolari, aumento e diminuzione rapida del peso. Con il peggiorare della situazione, poi, si perde l’appetito, si mangia di meno e ci si sente subito sazi. Per diagnosticarlo basta una visita cardiologica, esami del sangue e strumentali. Le cause Possono essere diverse: l’ipertensione, un infarto del miocardio, l’aterosclerosi delle arterie coronarie, ma anche il diabete, la valvulopatia e la fibrillazione atriale o altri tipi di aritmia, difetti congeniti del cuore, la familiarità o l’essersi sottoposti a chemioterapie. Anche problemi alla tiroide, abuso di alcool e droghe o anzianità possono contribuire allo scompenso cardiaco.
LE TERAPIE
Per quanto diffuso e sgradevole, lo scompenso cardiaco è curabile. Se la causa è una malattia delle valvole, la cura passerà anzi tutto dalla terapia del problema valvolare. Se invece ci sono altri elementi chiamati in causa, come la pressione alta, il sovrappeso, un’aritmia, allora si dovranno attuare interventi per ridurne l’impatto sul cuore, ad esempio dimagrendo o assumendo farmaci anti-ipertensivi. Per tenere sotto controllo l’insufficienza cardiaca indipendentemente dalle cause, è consigliabile assumere diuretici, che eliminando i liquidi in eccesso consentono al sangue di circolare meglio, ma anche anticoagulanti, che riducono il rischio di trombosi. Inoltre, come è emerso nel corso dell’ultimo simposio Heart Failure & Co. organizzato dall’IRCCS Multimedica e da ALT (Associazione per la Lotta alla Trombosi e le malattie cardiovascolari), è a disposizione una nuova classe di farmaci: gli inibitori dell’angiotensina e della neprilisina (Arni) che diminuiscono la mortalità del 20% in più rispetto agli ACE-inibitori, migliorando anche la qualità di vita e riducendo il numero delle ospedalizzazioni. I dispositivi sottopelle Si tratta di piccoli strumenti elettrici che consentono di prevenire la morte cardiaca improvvisa, aiutando il cuore a lavorare meglio. Tra questi: il Defibrillatore Cardioverter impiantabile (ICD), dispositivo alimentato a batteria che rilascia uno shock elettrico se rileva una frequenza cardiaca pericolosa, reimpostando il ritmo cardiaco, e la Terapia di risincronizzazione cardiaca (CRT), dispositivo impiantato appena sotto la clavicola che spedisce segnali elettrici alle camere inferiori del cuore in modo che possano battere in maniera sincronizzata, aiutando il cuore a pompare meglio.
Gli approcci transcatetere e mini-invasivi Sono sempre più diffusi, non solo per l’aorta ma anche per la mitrale. Oggi 1 paziente su 2 non viene operato alla mitrale per l’età o la presenza di altre patologie come insufficienza ventricolare sinistra o bronchite cronica e molti potrebbero essere candidati a una procedura transcatetere. Al momento si eseguono circa mille interventi l’anno ma si stima siano almeno il triplo i possibili candidati. Questo anche grazie alla straordinaria efficacia dell’approccio: la sopravvivenza 3 anni dopo la riparazione della mitrale transcatetere è quasi doppia rispetto alla terapia medica standard.
Rota Vender
Specialista in Ematologia
Presidente di ALT, Associazione per la Lotta alla Trombosi e alle malattie cardiovascolari Onlus > trombosi.org